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  • Il cervello come scienziato bayesiano

    Immagina che il nostro cervello sia come un ricercatore che formula ipotesi sul mondo. Non aspetta solo i dati, ma parte sempre da un’idea iniziale (priori): una previsione basata sull’esperienza passata.

    Quando arrivano nuove informazioni dai sensi, queste vengono confrontate con le ipotesi già esistenti. Se i dati confermano le aspettative, tutto fila liscio. Se invece c’è una discrepanza, il cervello aggiorna il modello interno, raffinando le sue previsioni.

    Questo processo, descritto dalla teoria bayesiana, si chiama predictive coding: un ciclo continuo di previsioni, errori e correzioni, con l’obiettivo di ridurre al minimo la sorpresa.

    In altre parole, non percepiamo il mondo così com’è, ma come una migliore ipotesi possibile, continuamente aggiornata.

    È così che riusciamo a muoverci in un ambiente complesso e incerto: il cervello non è un registratore passivo, ma un instancabile “scienziato” che cerca di anticipare ciò che accadrà.
    Ma cosa succede quando questo bilanciamento si altera?
    Schizofrenia
    In alcuni casi, le ipotesi “dall’alto” hanno troppo peso. Il cervello dà così tanta fiducia alle proprie aspettative che ignora le prove contrarie. Questo può spiegare, ad esempio, le allucinazioni: il mondo interno domina sull’evidenza sensoriale reale, portando a percepire voci o immagini che non ci sono.

    Autismo
    All’estremo opposto, nel cervello autistico sembra prevalere l’elaborazione “dal basso”: i dati sensoriali hanno più peso rispetto alle aspettative. Ogni piccola incongruenza con il modello interno genera un “errore di predizione” che richiede un aggiornamento. È per questo che:
    • rumori o stimoli che altri ignorano possono essere percepiti come travolgenti;
    • le routine diventano fondamentali per ridurre l’incertezza;
    • può essere difficile cogliere sfumature sociali o ironiche, perché ogni situazione viene elaborata come unica e non generalizzata.

    In sintesi, i modelli bayesiani ci aiutano a capire che schizofrenia e autismo non sono solo “disturbi” isolati, ma modi diversi in cui il cervello bilancia aspettative e realtà.